17 agosto 2010

CONIUGE AFFIDATARIO ED IMPEGNI DI LAVORO: LIMITARE LE VISITE DEL FIGLIO ALL'ALTRO GENITORE NON E' SEMPRE VISTA COME UNA SCUSA DALLA CASSAZIONE...

L'argomento è uno di quelli di estrema attualità nei contrasti post-separazione e frutto di lamentele da parte del coniuge non affidatario.
E' noto che la nuova normativa ha portato la regola all'affido condiviso ed alla bigenitorialità al fine di promuovere e sollecitare rapporti sereni dei figli con entrambi i genitori dopo la separazione anche se rimane ancora “in piedi” l'affido esclusivo, in casi eccezionali valutati dal Giudice, e l'affido condiviso con assegnazione “privilegiata” del figlio o dei figli alla residenza di uno dei genitori.
Il padre è nella maggior parte dei casi, il genitore non affidatario, e si trova nella posizione di colui che dovrebbe denunciare l’ex moglie per l’elusione dell’obbligo di garantire il diritto di visita, ai sensi dell’art. 388 c.p..
Il codice penale italiano (art. 388, comma 2, c.p.) prevede che si applichi la pena della reclusione fino a tre anni o della multa da 103 a 1032 euro “a chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci ”. Il reato, nonostante non preveda una sanzione pesantissima, è tuttavia procedibile d’ufficio; non occorre quindi necessariamente la proposizione di una querela, anche se concretamente spesso l’iniziativa penalistica prende le mosse da un’attività positiva del coniuge non affidatario, che si presume leso nei propri diritti.
La Cassazione ha a più riprese affermato che la condotta elusiva del genitore affidatario (sanzionata dal codice penale) può consistere anche semplicemente in un non facere; in pratica, ciò che viene generalmente richiesto al coniuge affidatario perché ottemperi al provvedimento del giudice e rispetti il diritto di visita altrui, non è una semplice passiva disponibilità, ma piuttosto una fattiva e leale collaborazione, nell’interesse ovviamente del figlio minore che ha il diritto di crescere anche con la figura del genitore non affidatario.
La sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI pen., 16 giugno 2010, n. 23274, ha ispirato questo approfondimento, confermando un orientamento prevalente della giurisprudenza delle SS.UU. (Cass., sez. un. 27 settembre 2007, n. 36692) che in materia di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 388 c.p., comma 2, concernente l’elusione di un provvedimento del giudice relativo all’affidamento di minori, ha così osservato. “ …..il concetto di elusione non può equipararsi puramente e semplicemente a quello di inadempimento, occorrendo, affinché possa concretarsi il reato, che il genitore affidatario si sottragga con atti fraudolenti o simulati, all’adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole, appunto, attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede o non riconducibile a una mera inosservanza dell’obbligo”.
Nel caso in esame la madre affidataria della figlia minore, era stata condanna, sia in primo che in secondo grado; per il reato di cui all’art. 388 c.p., comma 2, poiché aveva impedito all’ex coniuge di incontrare la bambina due volte alla settimana presso il consultorio familiare.
La donna è ricorsa in Cassazione deducendo di avere ridotto le visite per impegni di lavoro, e proponendo di incontrare la bambina un pomeriggio alla settimana presso la propria abitazione, al fine di consentire incontri maggiormente sereni, sostenendo altresì, che la norma penale dell’art. 388 c.p., comma 2, non era applicabile nella specie perché essa richiede “l’elusione dell’obbligo di garantire il diritto di visita del genitore non affidatario, implicante un comportamento fraudolento o simulato”, nella specie assolutamente insussistente. La Cassazione accogliendo le motivazioni del ricorso, ha annullato e rinviato ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 4 maggio - 16 giugno 2010, n. 23274

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in parziale riforma di quella del Tribunale di Taranto in data 22 gennaio 2007, appellata da G.R., ha revocato la provvisionale concessa alla parte civile M. G., e ha confermato la sentenza impugnata in punto di responsabilità della medesima, condannata alla pena di 100 Euro di multa per il reato di cui all'art. 388 c.p., comma 2, nonchè al risarcimento del danno in favore della parte civile, per avere eluso il decreto del Tribunale per i minorenni di Taranto del 29 marzo 2001 relativo all'affidamento della minore M.D., impedendo al padre di incontrare la bambina due volte alla settimana presso il consultorio familiare.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata la quale deduce di avere ridotto le visite a una sola volta alla settimana per i suoi impegni di lavoro. Sottolinea che aveva proposto al M. di incontrare la bambina un pomeriggio alla settimana presso la propria abitazione, dal martedì al giovedì, anche al fine di consentire incontri maggiormente sereni. Sostiene comunque che la norma penale dell'art. 388 c.p., comma 2, non era applicabile nella specie perchè essa richiede l'elusione dell'obbligo di garantire il diritto di visita del genitore non affidatario, elusione implicante un comportamento fraudolento o simulato, nella specie assolutamente insussistente (cita cass., sez. un. 27 settembre 2007, n. 36692).
Il ricorso è fondato. Con la sentenza indicata dal ricorrente le Sezioni unite di questa Corte hanno deciso, confermando un orientamento prevalente della giurisprudenza delle sezioni semplici, che in materia di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, ai fini della configurazione del reato di cui all'art. 388 c.p., comma 2, concernente l'elusione di un provvedimento del giudice relativo all'affidamento di minori, il concetto di elusione non può equipararsi puramente e semplicemente a quello di inadempimento, occorrendo, affinchè possa concretarsi il reato, che il genitore affidatario si sottragga con atti fraudolenti o simulati, all'adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole, appunto, attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile a una mera inosservanza dell'obbligo. Su tale elemento caratterizzante il reato la Corte d'appello non ha fornito alcuna motivazione. Con specifico riferimento alla giustificazione addotta dall'imputata che, secondo quanto si legge in sentenza, aveva addotto l'impossibilità di condurre il minore presso il consultorio familiare due volte alla settimana, si sarebbe dovuta accertare ogni circostanza del caso concreto al fine di verificare, almeno, il fondamento, di tale spiegazione, e non limitarsi a equiparare l'inadempimento alla elusione. La sentenza va quindi annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce.

13 agosto 2010

GLI ASSEGNI COME FORMA DI GARANZIA PER PRESTAZIONI FUTURE DI TERZI NON HANNO VALIDITA': INTERESSANTE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MODENA.

Nell'ambito di questo periodo di congiuntura e di crisi può accadere che a fronte di lavori o di opera da parte di ditte artigiane o società ci si veda chiedere preventivamente la consegna a garanzia di quanto richiesto sotto forma di assegni riportanti unicamente la cifra, intestazione e la sottoscrizione. Ebbene questa sorta di escamotage da parte di colui che si appresta ad eseguire i lavori va contro la vera funzione dell'assegno che rappresento un mezzo di pagamento e non un mezzo di garanzia.
In tal senso una interessante e puntuale del Tribunale di Modena (dott. Farolfi) del 06.06.2009 n. 1339 pubblicata in data 21.09.2009, evidenzia questo aspetto.
Se interessa ricevere copia chiederla a mezzo richiesta email all'indirizzo: casale.gianni@tiscali.it con la dicitura: "Richiesta copia sentenza Tribunale di Modena n.1339 del 06.06.2009)



ATTENZIONE ! CURIOSARE NEL CELLULARE DEL CONIUGE POTREBBE ESSERE LECITO...

In materia di privacy tra coniugi il GIP del Tribunale di Milano, con decisione del 18.09.2009, si è espresso favorevolmente in merito alla possibilità di marito e moglie di “sbirciare” nei reciproci cellulari. La motivazione della decisione è sicuramente “coraggiosa” in un quadro normativo e sociale dove la legge sulla privacy viene “esibita e sbandierata” ad ogni piè sospinto; tuttavia non si può negare che nelle motivazioni messe in campo dal Giudicante devono essere meritevoli di considerazione ed apprezzamento.
In sostanza lo stesso si è espresso su un caso in cui la moglie, fortemente insospettita dall'infedeltà del marito, si era impossessata del cellulare del marito che era stato lasciato incustodito su un mobile e che non era protetto da alcuna password di accesso alla scheda telefonica. Il marito aveva fatto denuncia ed il Pubblico Ministero che aveva chiesto l'archiviazione. Il legale del marito, successivamente, aveva fatto opposizione ma dopo discussione davanti al GID di Milano, questi decideva per confermare l'archiviazione.
Il quadro decisorio è quello di un rapporto di coniugio caratterizzato da frequenti episodi di aggressività da parte dell'opponente tanto da giustificare l'adozione della misura cautelare dell'allontanamento dall'abitazione familiare, disposta con ordinanza del GIP di Milano. In un clima di crescente conflittualità la moglie (indagata) si impossessava del cellulare del marito avendo la certezza del tradimento dello stesso.
Dunque la donna era stata spinta dal legittimo sospetto che il marito potesse avere una relazione extraconiugale, sospetto più che giustificato dato il comportamento anafettivo, offensivo e violento che il marito le aveva da tempo riservato.
Posto che nel rapporto di coniugio l'obbligo di fedeltà costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, il sospetto fondato su situazioni oggettive ed univoche costituisce un motivo ideneo, sotto il profilo etico e giuridico, a giustificare l'apprensione da parte di un coniuge dell'apparecchio cellulare del patner onde conferire certezza al sospetto così nutrito.
La condotta incriminata appare, pertanto, priva di disvalore penale avendo la moglie agito in presenza di una causa che può ritenersi giusta avuto riguardo al vincolo di coniugio all'epoca esistente tra le parti, al contenuto degli obblighi che da tale vincolo derivano ad all'intensificarsi degli episodi di cui alla violenza di cui il marito è stato autore.
Sotto il profilo dei fatti all'epoca il cellulare non era nascosto e ne aveva un codice di accesso particolare. In tali condizioni il cellulare si presentava suscettibile di un indiscriminato utilizzo da parte di ciascun membro della famiglia con conseguente possibilità d'accesso ai dati ivi contenuti da parte dell'effettivo momentaneo utilizzatore.
In tal modo il cellulare era suscettibile di utilizzo da parte di qualunque dei membri della famiglia con accesso momentaneo ai relativi dati in esso contenuti, ed in situazione tale da non poter ritenere esistente l'effettiva assenza di consenso da parte del proprietario del cellulare.
Il GIP sostiene che non possa escludersi che la cognizione dei messaggi registrati in memoria possa essere avvenuta in seguito ad una occasionale contatto con l'apparecchio cellulare che varrebbe ad escludere l'elemento soggettivo della fattispecie delittuosa.
Va detto innanzitutto che si tratta della decisione frutto di una interpretazione di un singolo giudice che non fa stato nel nostro ordinamento e che si basa su situazioni fattuali specifiche e che non possono essere generalizzate e banalizzate; rimane, tuttavia, una pronuncia interessante meritevole di attenzione.

09 agosto 2010

SOCIAL NETWORK E REATI CONTRO LE DONNE: ATTENTI AL LUPO ...

Una volta il Lupo era nelle favole ed al massimo importunava Capuccetto Rosso, ora tanti Lupi si nascondono dietro una tastiera.
Nell'ambito della commissione di reati verso le donne l'utilizzo dei social network è uno degli strumenti che la tecnologia ed internet mettono a disposizione di uomini ansiosi di incontrare, di intrattenere rapporti con donne che, altrimenti, ritengono di non riuscire ad approcciare.
L'uso di questo mezzo dà opportunità incredibili e semplifica il lavoro del Lupo.
Innanzitutto lo strumento di ampia diffusione permette una “caccia estesa” e con la possibilità di restringere o allargare la ricerca a seconda dei desideri e del territorio ed il tutto con esagerata tranquillità nel proprio ambito domestico dove il Lupo è più a proprio agio e dove si ritiene al sicuro. Non va trascurato il fatto che in tale contesto il Lupo non si espone direttamente, almeno inizialmente, e può manipolare la propria identità a piacimento o rimanendo totalmente anonimo o assumendo le finte sembianze di persone di fantasia che, al più avrebbe desiderio di incarnare realmente, per sentirsi inadeguato verso il sociale e, in particolare, verso la figura femminile. Le alternative che sceglie pongono inevitabilmente delle scelte di “tattica” diverse: nel primo caso il Lupo deve necessariamente essere in possesso di abilità persuasive eccellenti dal momento che si priva dell'aspetto fisico per attrarre la preda; in questo caso di solito il Lupo è persona dall'elevato quoziente intellettivo, con una notevole cultura e conoscente dei meccanismi di persuasione e di “vendita”. Uso il termine “vendita” dal momento che in sostanza ogni volta che ci rapportiamo con una persona e cerchiamo coinvolgerla nel nostro personale attuiamo una vera e propria vendita dove noi rappresentiamo il prodotto finale: se la vendita riesce noi veniamo “comprati” ed il rapporto con l'altra persona si instaura.
Qualora il Lupo decida di “impersonare” un soggetto diverso da sé utilizzando foto di altre persone si assiste ad un esperienza per il Lupo estremamente difficile dal momento che lo stesso deve creare una vita parallela che nel tempo potrebbe avere la necessità di reggere e giustificare nel proseguo della caccia. Come si dice “le bugie hanno le gambe corte ed il mentitore deve avere buona memoria” e spesso il Lupo, se non ben “allenato”, può incorrere in passi falsi e cd. sgamato, dalle potenziali prede. Solitamente il Lupo che utilizza queste modalità non va oltre un approccio telematico della preda accontentandosi di essere considerato da una donna che nella vita non immaginerebbe mai di avvicinare e da cui ricevere la benchè minima attenzione, oltre al fatto che spingersi ad un incontro reale potrebbe creare problemi irrisolvibili direttamente proporzionali con il falso quadro dato di sé. Appare intuibile le difficoltà di un operaio alto un metro e cinquanta che si spaccia per un modello di un metro e novanta che gira in Ferrari; in questo caso se anche la Ferrari si può noleggiare i centimetri no...
Ad ogni modo al Lupo non sempre interessa reggere un confronto intellettuale dal momento che nel Lupo aggressivo quello che interessa è stabilire il contatto lasciando poi al caso quello che succederà dopo. E' questo l'aspetto più pericoloso perchè al cacciatore quello che interessa è inquadrare la preda, portarla allo scoperto usando qualsiasi mezzo che spesso è una curiosità dettata da un particolare momento di fragilità di vita della preda che la spinge a voler ampliare gli orizzonti o voler provare l'ebrezza dell'incognito e del rischio.
Dall'esperienza professionale di donne molestate che hanno chiesto assistenza è emerso l'aspetto della presenza di questi social network anche se in prima battuta si sono sempre ben guardate di confessarne la frequentazione quasi in una sorta di pudore.
I motivi del loro avvicinarsi a questa pratica è spesso dovuta alla noia che ha invaso il loro rapporto affettivo, la scarsa considerazione del partner o la semplice curiosità spinta dalla magnificenza esposta da amiche adite alla chat. Il risultato è stato spesso devastante dal momento che per alcune si è giunte alla rottura del rapporto per una incapacità di arrestarsi allo stadio della “curiosità” coinvolgendo il Lupo nella propria vita privata con effetti infausti, per altre, invece, il coinvolgimento del Lupo è stato a prescindere dalla loro volontà dal momento che può accadere che il cacciatore si “intestardisca” sulla propria preda non accettando un chiaro o velato rifiuto ed iniziando una vero e proprio comportamento molestante accompagnato dalla fine del rapporto affettivo se la preda si è “dimenticata” di informare il proprio partner del proprio l'amore per le chat quando lo stesso era al lavoro o lontano da casa.
Nella favola c'era un Lupo e un Capuccetto Rosso, nella vita reale i Lupi sono tanti ed hanno aspetti e tratti psicologici diversi e meritano molto più tempo di una fiaba, cosa che faremo al prossimo incontro...