19 dicembre 2009

MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: LA CONVIVENTE EQUIPARATA ALLA MOGLIE, GIU' LE MANI DA TUTTE E DUE !

Non il ferma il lavoro giurisprudenziale di equiparazione della convivenza more uxorio alla famiglia legittima fondata sul matrimonio ex art. 29 Costituzione, il quale rappresenta un tema molto sentito dalle coppie nel nostro Paese.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 40727 del 22 ottobre 2009, si è pronunciata in tal senso ed ha ritenuto integrato l’elemento oggettivo del reato ex art. 572 c.p. – maltrattamenti in famiglia - in relazione alla condotta aggressiva tenuta dal convivente nei confronti della compagna.
Richiamandosi ad un indirizzo consolidato la Corte ha affermato che la nozione di famiglia sottesa alla norma penale di cui all’art. 572 c.p. è da intendersi estensivamente, nel senso che il bene giuridico oggetto della tutela penale è comprensivo anche della c.d. “famiglia di fatto”.
La conseguenza, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, è che non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente "more uxorio", atteso che il richiamo contenuto nell'art. 572 cod. pen. alla "famiglia" deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo".
Questo intervento, considerato in uno ai precedenti conformi, suscita alcune considerazioni in relazione sia al diritto penale, sia all’ordinamento giuridico in generale
Con riguardo al primo profilo, resta da capire se ed in che misura l’interpretazione estensiva della norma penale sia compatibile con il principio di tassatività e stretta legalità che governano e presidiano la legislazione penale, considerato che detta tecnica interpretativa, produce un effetto espansivo del campo d’applicazione della norma, aumentando il numero delle condotte potenzialmente suscettibili di acquisire rilevanza penale.
Con riguardo all’ordinamento giuridico, invece, si evidenzia che, attraverso pronunce di questo tipo, la giurisprudenza lancia evidenti segnali al Legislatore circa necessità di intervenire de iure condendo, positivizzando e normando un istituto – quello della famiglia di fatto – che si afferma con prepotenza nella vita quotidiana, esiste, opera nella vita delle persone, con la conseguenza che non si può più far finta di nulla “nascondendosi dietro un dito”.
Questa sentenza, infatti, si colloca in un più ampio indirizzo che trova corrispondenza anche in campo civile nelle pronunce che statuiscono in capo al convivente, solo per fare qualche esempio, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e morale derivante dalla morte del compagno (Cass. 2988/94); a continuare ad abitare nella casa famigliare di proprietà esclusiva dell’altro coniuge nel caso in cui divenga affidatario dei figli a seguito della cessazione della convivenza (C. Cost. 166/1998); a subentrare all’assegnatario di alloggio di edilizia economica e popolare in quanto appartenente al nucleo famigliare (Cass. 559/89); a divenire successibile nella titolarità del contratto di locazione di immobili urbani ad uso abitativo i caso di morte del convivente more uxorio (C. Cost. 404/88).

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